“Spine” di Laura Ramieri

Per Ava, nel giorno del suo compleanno.

Questa scritta incide sottile una targhetta dorata, qui, su questa panchina invecchiata di questo giardino fragrante, muri logorati da rampicanti che bramano coraggiose fughe. Ricordo il dolore che mi impediva il respiro, ricordo il freddo che mi rubava il colore. Ma non ricordo la morte. Mi svegliai qui, tra queste rose, la paura mi impedì di cercare ragione e nel tempo persi la voce. Non ne sentii mai più il suono. Mi nascondo, nessuno mi vede.

Si racconta che Ava avesse occhi di un colore servo della luce, tutte le sfumature di una giornata di estate, un arcobaleno in cui scegliere il proprio desiderato riflesso.

Viale del Ricordo, 8.

La casa di Ava è bianca, addormentata, e le rose crescono padrone, è la loro casa, adesso. Casa delle rose, boccioli senza mai nessuna fine.

Le persone vengono qui e si addormentano. I letti sono ordinati in piccole stanze ripetitive, rigide; da ciascuna una piccola finestra guarda il giardino. Sono stanze di anime, conosco le loro storie, lacrime silenziose in sedie verde menta. Vivo nascosto, ma nessuno, comunque, mi vede. La sera dell’addio taglio una rosa dal giardino e la poso accanto al letto dell’ultimo saluto. Piango. Ad Ava sarebbe piaciuto sapere che le sue rose sono la compagnia amorevole di un triste commiato. Tutti se ne vanno, passano, si fermano, si disperano. Perdono un po’ di felicità in questo posto incantevole. 

Il giardino si affaccia nelle stanze, le mattine entrano vivaci dalle finestre spalancate, ma i corridoi respirano la luce solo in piccoli ritagli, come se qualcuno avesse lasciato la stanza un attimo, con la luce accesa in un torno presto. Corridoi, infiniti corridoi. Un candore livido, e il sapore è una medicina che assaggia amara tutta la bocca. 

Casa di Ava. Guardate come le scale girano armoniose, lucide nelle vene di un marmo di tutti i riflessi. Nel buio confondono i passi, che avvolgente sensazione di cadere, tocco il corrimano bronzeo, intatto, eterno. Immagino Ava, la mano esangue che segue il salire, le vesti argentate che frusciano nel silenzio, e la notte pura come le sue rose.

Ma su questa panchina sono solo e nessuno vede le rose.

Viale del Ricordo, 8.

Hospice La Casa di Ava.

A La Casa di Ava ogni perdita è consacrata da una rosa abbandonata accanto ai defunti. Le rose hanno tutte lo stesso colore, un rosa chiaro, appena accennato.

La storia di Ava è scritta sotto questo fogliame invadente, sul muro che fa da sfondo alla mia panchina, la calligrafia delicata sciupata da una natura arrogante. Ava abitava sola in questa casa, accoglieva le persone malate prestando loro le sue stanze e la sua compassione. Divenne un punto di riferimento, di più, divenne una leggenda, un sogno. Si narra che i suoi occhi gentili fossero fatati, capaci di calmare ogni sofferenza. Essere guardati da lei diventò il desiderio di tutte le preghiere, Ava era il nome invocato a mani giunte, la salvezza, la speranza.

Che io possa appassire fiore felice nel tuo dolce sguardo.

Una nuova rosa sbocciava ad ogni ultimo respiro, e Ava ne sfiorava i petali appena nati stupefatta da tanto insistente vivere. Ma erano rose di amore e di morte, meravigliose ma pallide. Come se avessero qualcosa di spento. 

Questa casa è un ricordo che non ricorda nessuno. Le signore che lavorano qui sono bianche come lenzuola stese ad asciugare. Calze, guanti, colletti: bianchi. Indossano la stessa divisa, non sorridono, non si sporgono a guardare dalle finestre. Nessuna, dal lungo tempo in cui sono qui, mi ha mai fatto compagnia sulla panchina. Nessuna ha mai accarezzato le rose. Nessuno mi rivolge uno sguardo. Tutti sembrano dormire, i loro occhi sono sempre chiusi. Passeggio nei corridoi e mi soffermo negli angoli dove la luce arriva solo come illusione. Resto così, le signore in divisa mi ignorano mormorando con disappunto, gli estranei in orari di visita non fanno caso a me, frettolosi. Nessuno mi vede. Come se nessuno avesse occhi.

Viale del Ricordo, 8.

Ospedale Oftalmico La Casa di Ava.

Da La Casa di Ava tutti i dimessi escono con una rosa tra le mani che stringono come un dono, dicono che quando guariscono gli occhi la vita diventa un regalo. Le rose hanno tutte lo stesso colore, un rosa chiaro, appena accennato.

Ava accarezzava le rose e chiedeva loro la grazia per i suoi ospiti malati. E le rose, le rose amavano Ava di un affetto gentile, desiderose delle sue parole musicali, delle sue carezze garbate e di quegli occhi di acqua, così stupendi. Ava guardava le rose e le rose risplendevano, Ava era l’incanto.

Che io possa appassire fiore felice nel tuo dolce sguardo.

Viale del Ricordo, 8.

Vivaio La Casa di Ava.

A La Casa di Ava tutti i clienti comprano le rose, un tipo di rosa insolita che cresce rigogliosa, in ogni stagione. Appassionati e curiosi si sorprendono del fascino del meraviglioso giardino. Le rose hanno tutte lo stesso colore, un rosa chiaro, appena accennato.

Custode immortale dello scorrere del tempo.

Che io possa appassire fiore felice nel tuo dolce sguardo.


L’autrice

Laura Ramieri. Diplomata in maturità artistica. Diplomata in Fashion Design, Istituto Europeo di Design.

Amante di storie scritte, disegnate, cucite.

www.lauraramieri.blogspot.it

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