“Mi ricorderò di te” di Mary South

Rehab per troll di internet, strani ritiri in cui uomini adulti si fanno allattare, anziani appassionati di telefonate sconce, FAQ di neurochirurgia, bambine duplicate.

C’è tutto questo nei racconti sfolgoranti usciti dalla mente e dalla penna di Mary South, portata in Italia per la prima volta dall’ottima Pidgin Edizioni con la raccolta “Mi ricorderò di te”.

Le narrazioni della South si sviluppano in un’esplorazione inquieta seguendo due direttrici: l’anatomia e la tecnologia.

Heidi Taillefer, The Muse (2006)

È da questa dicotomia che si origina il conflitto che fa da motore per le storie, tutte ben congegnate e provocatorie al punto giusto: la carne è caduca e si trasforma, la vita trova compimento nella morte, mentre al contrario la tecnologia è immutabile e destinata a persistere, è inerte anche se sembra frenetica.

Nelle sue narrazioni veloci e taglienti, Mary South riesce a destreggiarsi fra storie weird che non paiono mai eccessive perché ci parlano di un futuro preoccupantemente vicino al nostro presente: il suo è un mondo fatto di social network e ospedali in cui internet e il corpo umano si scontrano in una coesistenza complessa e malsana ma tremendamente realistica.

È interessante poi notare come l’occhio attento di questo tipo di fiction speculativa si concentri anche e soprattutto sulla parte biologica della nostra vita: quella fatta di carne che invecchia e muore, di malattie, di rinascite. Lungi da astronavi e teletrasporto, gli scenari più stranianti sembrano essere quelli più sottilmente difformi dalla nostra realtà. Si ha anzi l’impressione che basti un dettaglio per creare un mondo profondamente sbagliato o spaventoso o semplicemente spiazzante per chi – come l’intero genere umano – è abituato a pensare e vivere solamente nel proprio passato.

Heidi Taillefer, Nkondi (2000)

Non è un caso che nel succedersi dei racconti la vita e la morte si alternino in una danza ipnotica, parlandoci tanto di maternità quanto di perdita e dando alle provocazioni dell’autrice uno spessore umano degno delle migliori short story americane, pur se in un contesto anomalo e a tratti disorientante.

Il tono che l’autrice sceglie per le sue storie non è mai disperato o eccessivamente cupo: i racconti ci scorrono addosso con la leggerezza, l’ironia e la sottile malinconia della vita vera e riescono a plasmare – con le loro variazioni di ambientazione e registro – un declivio piacevole e intrigante, che invoglia il lettore a precipitarsi nell’abisso per scoprire cosa nasconde.


Accoppiamenti giudiziosi

La combinazione di biologico e artificiale è un dissidio tipico dei nostri tempi, capace di creare terreno fertile per le riflessioni degli artisti di ogni genere.

Siamo umani? Siamo macchine?

Pochi interpreti hanno saputo declinare questo interrogativo con la fantasia selvaggia e il coraggio di Heidi Taillefer, pittrice neosurrealista canadese.

Come la South, anche la Taillefer non ha paura di confrontarsi con l’ibridazione di corpo e tecnologia, facendo anzi di questo accordo dissonante il tratto distintivo della propria arte: ci presenta così animali dalle interiora meccaniche, creature composite che seducono e spaventano allo stesso tempo.

Heidi Taillefer, Understanding Leda (2014)

È una tradizione che risale il filone del fantastico (o dell’horror) fino agli albori, al mostro di Frankenstein o agli automi di E.T.A. Hoffmann, e ancora più indietro fino ai miti di creazione.

Dal momento in cui l’uomo ha sottratto agli dei il concetto di téchne scoprendosi inventore e creatore, ha infatti cominciato anche a meditare sul rapporto fra le proprie realizzazioni e sé stesso o – più genericamente – fra il mondo naturale e quello artificiale.

Heidi Taillefer e Mary South ci regalano ognuna la propria versione di questa analisi: l’una con i suoi racconti weird, l’altra dipingendo creature bizzarre e parzialmente sintetiche, che rispecchiano alla perfezione con i loro corpi incomprensibili la divisione sempre più profonda fra biologico e artifciale ben riassunta nello stereotipo fantascientifico del cyborg.

Ciò che Taillefer e South ci raccontano è molto più reale della fantascienza da golden age: è la nostra contemporaneità stravolta da uno sguardo particolarmente acuto, siamo noi sotto l’enorme lente di un microscopio.

La prospettiva può essere spiacevole, può far male: ormai il nostro corpo è un tutt’uno con la tecnologia che esso stesso ha creato.

Non siamo forse tutti cyborg nel momento in cui riponiamo nello smartphone la nostra capacità di orientarci, la nostra sapienza e persino la nostra memoria o il nostro modo di comunicare con i nostri simili?

Non siamo cyborg quando ci spegniamo per andare a dormire?



Mi ricorderò di te

Mary South – Pidgin Edizioni, 2022


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