“Storie della Serie Cremisi” di Lucio Besana

L’horror italiano certe volte sembra irrimediabilmente morto, ma – come nelle migliori storie di zombie – quando meno te l’aspetti emerge dalla terra e ti divora il cervello.

Innovare non è sempre possibile – è la tragedia del postmoderno, in un certo senso – allora bisogna cominciare a interrogarsi su come andare avanti, come dare nuovo sangue a un genere che, come Frankenstein, sembra aver già sperimentato tutto nelle vite dei singoli pezzi che lo compongono.

Mostri, omicidi e rituali blasfemi sembrano aver fatto il loro tempo: a chi farebbe paura oggi una storia del genere?

Lucio Besana, nel suo lavoro come sceneggiatore e come scrittore, dimostra però una raffinata maestria nel maneggiare brandelli di passato, nell’assemblarli e farli risorgere in una forma del tutto nuova e decisamente terrificante.

Se cinematograficamente ci ha regalato, con il regista Roberto De Feo, due perle horror come “The Nest” e “A classic horror story”, non ci stupiamo di ritrovare nei suoi racconti lo stesso gusto e la medesima carica visionaria, capace di confezionare storie oscure, complesse e stilisticamente impeccabili.

Nicolas Delort, The end of the road- © NICOLAS DELORT

I suoi antenati e maestri sono colossi come Poe, Lovecraft e Chambers, ma anche e soprattutto classici moderni come Thomas Ligotti. Nelle diverse storie che compongono la raccolta, però, il substrato horror che funge da base alle narrazioni sembra attingere a molte più fonti e si rivela come un tessuto riccamente elaborato, in cui si possono individuare riferimenti che spaziano da Philip K. Dick al cinema antologico degli Anni 80.

Il tipo di orrore di cui Besana ci parla è sempre qualcosa di metafisico e disturbante: la sua forza sta nell’immensità, nella difformità così articolata da diventare impossibile da esprimere a parole. Le descrizioni quindi non bastano, servono solo per intuire e provare a comprendere qualcosa di enorme e sotterraneo, alieno a ogni razionalità.

In questo panorama coerente le storie si innestano con angosciante naturalezza, germogliando una alla volta dallo stesso tronco solido costituito da un’ambientazione cittadina lugubre, dalla dissonanza fra il reale e la sua rappresentazione, da fabbriche e teatri e personaggi paranoici, ossessivi, infestati.

I racconti ci portano così davanti a film in cui dettagli bizzarri e nascosti rischiano di far impazzire gli spettatori, su prati dove si celebrano picnic a cavallo fra la vita e la morte, davanti a famiglie riunite per strani riti con madri redivive.

Le storie che ho più apprezzato sono state senza dubbio “Subotica” e “Un viaggio nella Metamonia di Esagro Noroi”, in cui aspetti quotidiani della vita come il lavoro e il turismo diventano gorghi bui di puro orrore.

Nicolas Delort, Traces – © NICOLAS DELORT

Il disorientamento regna sovrano: con i personaggi anche il lettore si perde negli strani buchi del reale che alcune fabbriche hanno imparato a sfruttare, o sulle tracce di un elusivo Padre della Patria talmente potente da disintegrare chiunque guardi il suo corpo creatore e immateriale.

Il vero orrore si nutre di buio e di angoli poco illuminati in cui ogni forma sembra cambiare e per fagocitare tutto ciò che la circonda: sono il non detto, il poco chiaro, l’ambiguo a terrorizzare più di ogni cosa chi si decide a leggere questo libro in cui il rosso sangue regna, sovrano e invisibile, come nelle arterie un corpo misterioso e inspiegabilmente vivente.


Accoppiamenti giudiziosi

La concezione dolorosa del passato e l’ambiguità di questi racconti trovano una strana convergenza ideale con le illustrazioni di Nico Delort.

Nicolas Delort, Shrine of the Mother IV – © NICOLAS DELORT

Attivo nei grigi sobborghi di Parigi, questo artista si cimenta in opere caratterizzate dalla totale assenza di colore e da una personale rielaborazione in chiave horror degli insegnamenti dei grandi maestri dell’incisione come Gustave Doré o Goya.

Come Besana, anche Delort si nutre di una cultura multiforme che spazia dal cinema alla pittura, passando attraverso una serie di elementi pop sfruttati per creare ambientazioni familiari ma nuove, classiche ma profondamente disorientanti.

Troviamo così incisioni complesse in cui il panorama si piega a personaggi misteriosi, luoghi lugubri e figure chiave della mitologia contemporanea fatta di cinema e mostri visibili e invisibili.

Protagonista e grande assente, anche qui, il colore: la sua totale mancanza lascia spazio a un nero assoluto che dilaga e plasma le forme in una penombra pastosa, avvolgente, assoluta.

Che stia in questo la paura più pura e ancestrale?



Storie della Serie Cremisi

Lucio Besana – Edizioni Hypnos, 2021


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