“Texaco” di Patrick Chamoiseau

Texaco non è solo un quartiere popolare di Fort-de-France, in Martinica. Texaco è un guazzabuglio di voci e di storie, è un assieparsi di capanne e magia, maledizioni e leggende, risate sguaiate e rivoluzioni. Texaco è un incastro di etnie e di colori, uno stile di vita, una religione.

Lo sa bene Marie-Sophie Laborieux, indomita donna-matador che ha generato il quartiere come si dà alla luce un figlio sognato a lungo e che ora si trova di fronte alla figura messianica di un funzionario inviato nel quartiere per fare pulizia di capanne e vite indesiderate.

Marie-Sophie è la nostra guida inaffidabile e volitiva, una vecchia orgogliosa dal cuore durissimo, abituata a cavarsela da sola in ogni circostanza: ci porterà in giro per il suo paese, fra la sua gente, con la dignità fiammeggiante di una regina nullatenente mentre ammansirà pescatori e ladri, venditori ambulanti e taumaturghi creoli.

Chamoiseau nel suo opus magnum dà fiato a un coro dissonante di personaggi sgangherati, che – coi loro colori e la loro esistenza leggendaria e picaresca – costruiscono un mosaico chiassoso e indimenticabile dell’identità creola stessa.

Chiave di volta dell’intera opera, destinata a trapelare più volte fra le pagine, è proprio la natura composita della cultura creola cui Chamoiseau dedica integralmente la sua scrittura: non esiste sentire univoco, esistono solo diversità inconciliabili stratificate sino a formare saldandosi una cultura sfaccettata e complessa.

La storia della Martinica si snoda per 150 anni attraversando tre generazioni della famiglia Laborieux e quattro stili di costruzione delle baracche: paglia, casse, fibrocemento, calcestruzzo.

È proprio in un’ottica architettonica che il popolo creolo viene spiegato e cantato da Chamoiseau con il parallelismo fra l’Incittà, ossia la Fort-de-France istituzionale, creata e aggiornata secondo i progetti urbanistici e le ere burocratiche, e la città spontanea, ossia Texaco, nata come germinazione spontanea a partire da un appezzamento di terreno di proprietà dell’omonima compagnia petrolifera.

Spontaneità, molteplicità e conflitto sono le parole con cui Chamoiseau edifica le vite dei suoi personaggi, realizzando con loro l’affresco variopinto, agrodolce, chiassoso della sua Martinica.

Marie-Sophie e i suoi vicini sono strumenti diversissimi che suonando insieme, come nelle prime jazz band improvvisate nelle strade del Sud, arricchiscono con le proprie usanze e i propri miti una tradizione ancora embrionale ma di sicuro ribollente, vivissima, affamata.


Accoppiamenti giudiziosi

Anche la religione riveste un ruolo importante nell’immaginario di Texaco: ora scorciatoia per un dialogo a tu per tu con il Divino, ora superstizione, gli abitanti delle capanne di Texaco si imbattono in una sorta di infatuazione per l’inspiegabile che li porta a sviluppare una religiosità non istituzionale capace di abbracciare in un solo disegno i culti africani degli schiavi, i precetti cristiani dei padroni/beké e l’intero universo magico dei naviganti che attraccando propagano idee, ripensamenti, incantesimi.

È essenziale in questo senso la figura del Mentor, metà stregone e metà santone, persona dotata di un potere sacro in grado di sovvertire le leggi della fisica e quelle – ben più inamovibili – dell’ordine costituito.

Victor Anicet, Vetrate per la Cattedrale di Saint-Pierre, Martinica

In questo senso è illuminante osservare la vetrata della Cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione a Saint-Pierre, realizzata dall’artista martinicano Victor Anicet.

Il vetro piombato non raffigura come di consueto il ritratto di un santo o l’elaborazione grafica di un episodio biblico, ma solo un misto ben calibrato di colori e linee di gusto molto eclettico e variegato.

Guardandolo si riesce a capire bene il substrato confuso ma coerente che dà origine a un sistema mitologico sincretico, comune a tutti i Caraibi: come raffigurare Dio senza usare gli strumenti ormai desueti presi in prestito da alte culture?

Anicet lo innova immaginandolo cosi, come un’entità luminosa e poliedrica difficile da immobilizzare in una forma costante: ci sono un po’ d’Africa e un po’ d’Europa in questo angolo al limitare delle Americhe, ci sono colori sgargianti e magie capaci di riscrivere la storia in un grande mito collettivo in cui ciascuno, anche l’ultimo degli ultimi, può essere eroe per la sua gente.

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