Con un azzeccatissimo titolo molto carveriano e una prosa attenta ai dettagli, Paolo Cognetti ci regala con “Una cosa piccola che sta per esplodere” una raccolta a tema incentrata sull’adolescenza e sul crescere.
Forse non tutti sanno che Cognetti, celebrato autore de “Le otto montagne” nasce come appassionato di racconti.
Ne ha letti moltissimi e la sua enorme esperienza sul campo traspare subito in maniera evidente nel suo modo di narrare fatto di dettagli, dialoghi perfetti, situazioni semplici e cariche di significato.
Ricordo che, in un articolo pubblicato sul suo blog e su “Minima & Moralia”, Paolo Cognetti raccontava la sua formazione letteraria avvenuta fra Bukowski e Pam Houston, Denis Johnson e Carver. Parlava di scrittori di racconti e si riconosceva come un vero amante di questa arte sottile e bistrattata: aveva fretta, come tutti i giovani, e voglia di non annoiarsi, di arrivare al punto.
L’adolescenza, si sa, è l’età della fretta e non avviene quasi mai in sordina: è al contrario un fenomeno esplosivo che deflagra fra le certezze dell’infanzia – età della fede per eccellenza – e maturità – età torbida del dubbio, dell’incertezza, della disillusione. I racconti sono perfetti per descriverla, molto più di un romanzo compassato che si dilunga fra descrizioni e trivellamenti psicologici.
I personaggi che Cognetti mette in scena sono tutti ragazzi e ragazze alle prese con il cambiamento: lo affrontano sorridendo, incespicando, gridando, imparando ad avere un nuovo sguardo sulle cose che prima sembravano piane e innocue. Il loro dramma è la staticità del mondo che li circonda: non è cambiato nulla, a parte loro stessi. I genitori, i vicini di casa e gli amici sono sempre uguali, sono gli occhi dei ragazzi ad essere cambiati per sempre.
Allora come può una creatura tanto giovane gestire da sola il proprio passato? Goffaggine, imbarazzo e innocenza sembrano da subito bagagli scomodi, cose di cui liberarsi immediatamente, non appena si entra nell’età adulta.
Allora è normale rinnegare, ribellarsi, rifiutare tutto ciò che è stato in nome di un futuro che ancora si profila tremulo e fallace come un miraggio nel deserto?
Fra campeggi, voglia di fuga, strani maestri di vita e ragazzine anoressiche e ricchissime rinchiuse in una prigione dorata, troviamo nascosta fra le pagine una vera perla: “La figlia del giocatore”, che ci narra i primi anni di vita di una bambina abbandonata dal padre è destinata a crescere con la madre, aiutata da una vecchia vicina di casa. La ragazzina ha uno strano modo di affrontare l’assenza del padre: scrivere. E scrivendo vediamo il padre attraverso i suoi occhi, in storie inventate che lo delineano in un modo sempre più maturo, sempre più tagliente.
Questo racconto lungo è una vera dichiarazione d’amore all scrittura e non lascia indifferenti nemmeno nelle righe più crudeli e stranianti. Un piccolo capolavoro nascosto.
È una questione di sguardo, questo è il messaggio profondo dell’intera silloge, ed è strano e bellissimo leggere questo libro da adulti e riguardare se stessi grazie al disorientamento che tutti i personaggi provano, ritrovandosi nelle loro fragilità e nelle piccole cose che – universalmente – fanno esplodere qualunque infanzia mandando in frantumi qualcosa di brillante e puro e rassicurante.
È questo il motore sommerso di tutte le storie della raccolta: il cambiamento, il ribollire, la metamorfosi.
Accoppiamenti giudiziosi
Di adolescenza parla anche un grande film del regista Richard Linklater intitolato “Boyhood”.
La grande idea alla base di questo caposaldo della cinematografia contemporanea è il realismo della crescita: la telecamera infatti segue il protagonista (un giovanissimo Ellar Coltrane) dal 2004 al 2014.
In questo enorme periodo si “vede” il tempo, per la prima volta inchiodato sulla pellicola come qualcosa di visibile e tangibile.
È la fotografia di un fantasma che tutti conosciamo bene, è la celebrazione del ciclo della vita che ci strappa dall’infanzia per gettarci in qualcosa di ignoto che – sicuramente – ci aprirà lo sguardo sul solito vecchio mondo in modi inediti.