Il Nobel per la Letteratura è l’equivalente letterario dell’elezione papale, del Super Bowl, delle elezioni americane.
Come ogni evento epocale ha i propri riti, i bookmaker professionisti, gli eterni secondi e i proverbiali papi che escono cardinali.
Dopo aver azzeccato il Nobel 2018 alla bravissima Olga Tokarczuk, proviamo a indovinare chi si porterà a casa quest’anno il premio letterario più ambito del mondo.
È naturale parlare di politica, quando si parla di Nobel: è un gioco sottile in cui entra anche la diplomazia, un sistema di messaggi sottesi che equivalgono a un placet di Stoccolma a una filosofia, a un sistema di pensiero, a un messaggio.
Sono esclusi gli estremisti (salvo sviste, salvo errori, salvo eccezioni), ancorché dotati come un Céline. Sono esclusi i giovani, a meno che non vengano da un paese molto esotico. Sono esclusi gli autori troppi mainstream, a meno che non si chiamino Gabriel Garcia Márquez e siano dei dannati geni.
Insomma, come ogni club anche il Nobel per la Letteratura ha le sue regole e il suo modo di vedere le cose.
Non a caso vi è una certa coerenza ideale fra i vincitori. Salvo qualche eccezione, il criterio dell’alternanza fra paesi e continenti è abbastanza rispettato negli ultimi tempi, così come pure l’avvicendarsi di esponenti di entrambi i sessi.
Proviamo allora a indovinare chi sarà il prossimo vincitore, sulla base di considerazioni che tracimano la semplice bravura e si basano anche su riferimenti geografici e non solo.
Ecco la prima parte della mia classifica ideale (AKA i “Peccato che non ha vinto”):
10. Don Delillo
Come il sodale Philip Roth, compianto autore di grandi romanzi americani, anche Don Delillo finisce ogni anno nelle liste dei papabili per il Nobel.
Postmoderno, campione sia nella forma breve (Punto Omega, Einaudi) sia nel massimalismo (l’iconico Underworld, sempre Einaudi), è il candidato che tutti vorremmo. Ovviamente non vincerà mai, ma sognare non costa nulla.
Il lettore ideale: la tua amica, esperta di America e di americani, che segue i podcast di Francesco Costa e quando parla inglese ha quell’accento così fastidiosamente perfetto
9. Cormac McCarthy
Restiamo in America, restiamo in paradiso. Se c’è un uomo che merita il Nobel, a prescindere da considerazioni di convenienza politica, quello è Cormac McCarthy.
Inventore di un minimalismo feroce e inconfondibile, in America viene già studiato come un classico. Oltre alla recente distopia de La strada (Einaudi), ci ha regalato western e quasi-western indimenticabili come Cavalli selvaggi, Il buio fuori, La trilogia della frontiera.
Il lettore ideale: il tuo vicino di casa, quello che guida il pick-up e non saluta mai – ma è una così brava persona!
8. H. M. Enzensberger
Grande saggio mitteleuropeo trapiantato per alcuni anni a Cuba, Enzensberger è un giocoliere di parole, poeta sagace e affabulatore di bambini.
Nella sua vasta produzione, fra saggistica e poesie, troviamo anche Il mago dei numeri, La fine del Titanic, le ballate di Mausoleum.
Oltre che dall’età avanzata, è avvantaggiato nella corsa anche dalle posizioni politiche (critico del capitalismo e del sistema occidentale in genere) e dalla grande diffusione che le sue opere hanno conosciute (oltre 40 Paesi).
Il lettore ideale: lo zio di sinistra che regala sempre libri strani ai nipoti, anche se sa che vorrebbero iPhone e PlayStation – vedrete che quando non ci sarà più lo rimpiangerete!
7. Lydia Davis
Finalmente una signora, anzi La Signora.
Lydia Davis è forse un’autrice per addetti ai lavori, una cultrice della forma breve che ha dato il meglio di sé nel giro di poche pagine.
In Italia, grazie a Rizzoli e Minimum Fax, possiamo apprezzare qualche preziosa pagina di questa regina della short story (Creature nel giardino, Inventario dei desideri)
Sarò breve – come lei, del resto: è un peccato che non vinca neanche quest’anno.
Il lettore ideale: l’amica di mamma, quella che ha pubblicato tre libri. Fuma sigarette lunghe e sottili e tossisce sempre quando ride.
6. Annie Ernaux
Un’altra grande voce femminile, grande interprete di un autobiografismo sussurrato ed elegante.
Dal suo rifiuto per un incasellamento in un genere preciso è scaturita una voce subito riconoscibile che mischia romanzo, autobiografia, opera saggistica e diario.
Annie Ernaux, oltre agli innumerevoli pregi che la rendono una delle migliori scrittrici in circolazione ha l’età giusta e il giusto seguito fra i critici per poter ambire al Nobel.
Con Gli anni ha vinto il Premio Strega Europeo, il Premio François-Mauriac e il Premio Marguerite Duras. Più di recente si è portata a casa anche l’ambito Premio Gregor Von Rezzori. Sulla sua mensola, insomma, c’è giusto spazio per una medaglia con inciso il vecchio Alfred Nobel.
Il lettore ideale: l’intellettuale, che mentre è nel reparto romanzi della sua libreria preferita continua a guardare i libri sullo scaffale delle biografie, alle sue spalle.
A presto la seconda parte della classifica