“Teratocene” a cura di Besana, Gibertoni & Musolino

Quando penso alle canzoni di Lucio Dalla mi torna sempre in mente la magnifica chiusura di Telefonami fra vent’anni: un’inquietante primavera.

È un’espressione che mi ha sempre riempito di sconcerto: come può essere inquietante una primavera?

Non fanno certo paura i fiori, i germogli che spaccano la terra per vedere la luce del sole, eppure nella crescita incontrollata e selvaggia della natura è nascosta una forza incomprensibile e terrificante.

Tamara Kostianovsky, Half Cow with Tropicalia (2022)

È lo stesso mistero che sta dentro ogni tumore, alla radice dei denti che ci possono riempire la bocca sino a renderla un’arma, nei viticci delle piante infestanti che strangolano gli alberi, nelle covate dei parassiti che vivono dentro il nostro corpo, nell’acqua brulicante delle paludi.

Teratocene parla di questo, di palude e di fondali ma anche di vita – deformata, squassata, ma pur sempre vita. I curatori Lucio Besana, Andrea Gibertoni e Luigi Musolino con questa raccolta hanno voluto rimestare sul fondale melmoso del nostro tempo, un acquitrino fatto di inquinamento e malattia ma anche di una sinistra forza vitale, una strana proliferazione feroce da edera velenosa.

Per farlo hanno chiamato a raccolta alcune tra le penne più interessanti del panorama horror italiano: Francesco Corigliano, Stefano Cucinotta, Linda De Santi, Flavio Dionigi, Paolo Di Orazio, David Fragale, Elia Gonella, Federica Leonardi, Marco Malvestio, Maddalena Marcarini, Elena Giorgiana Mirabelli, Maico Morellini, Francesca Tassini.

Ognuno con il proprio punto di vista e la propria voce ha descritto un atomo di perversione pescando suggestioni nell’immaginario horror e nella scienza, nelle leggende metropolitane e nella fantasia più nera per confezionare piccole perle di buio: strane maree rossastre, antenne intossicanti, culti proibiti e gravidanze aberranti, germinazioni improvvise, larve umanoidi e contaminazioni che rendono onore a una concezione dell’orrore estremamente carnale, pulsante ed enigmatica come le cavità inesplorate di un corpo alieno.

Tamara Kostianovsky, Heal the World (2020)

Téras in greco antico significa mostro ma anche prodigio, miracolo, dunque teratocene è l’esito mostruoso dell’impatto umano sulla terra, il riassunto assurdo delle deformità e delle anomalie che si sono create per colpa nostra, dalle bombe atomiche all’Agente Orange del Vietnam sino all’amianto del Monferrato.

Non è difficile immaginare che sia questa la paura principale di un futuro fatto di ambienti al collasso e sostanze incomprensibili pronte a diventare centrali nelle nostre esistenze: non affronteremo una comprensibile angoscia legata alla morte ma sperimenteremo un terrore inedito, quello della vita, di un pianeta ammaccato che impari a fare a meno di noi.

Uno dei denominatori comuni alle storie che compongono questa antologia è proprio la marginalità dell’essere umano: ora preda, ora incubatore inerme per una forma vita diversa, l’uomo diventa in queste narrazioni solo un corpo da deturpare, un terreno fertile da sfruttare sino in fondo per far emergere qualcosa di diverso.

Come negli illustri predecessori di queste storie, dalla toxploitation agli esiti felici della più cruda narrativa distopica, anche in questa raccolta il vero mostro è proprio l’umanità, che collettivamente depreda e sovverte, dilania l’ambiente e organizza serenamente la strage dei propri posteri.


Tamara Kostianovsky, What it Once Was (2011)

Accoppiamenti giudiziosi

Dal punto di vista letterario la raccolta trova nella sua traccia comune un ottimo meccanismo per produrre orrori e visioni complementari: ad ogni capitolo si cambia mondo, ci si prepara con un brivido a scoprire un altro futuro cannibale, una nuova atrocità pronta a divorarci, senza però perdere di vista i problemi comuni, quelli che sperimentiamo ogni giorno esistendo e consumando l’ambiente che ci dà alloggio e nutrimento.

Le storie si inanellano così in una proiezione devastata del nostro tempo, senza speranza, senza false illusioni: la scelta di affidare queste narrazioni a voci tanto diverse contribuisce a creare un mosaico efficace che non reitera ma espande il concetto di partenza, narrando ora drammi borghesi pronti a volgersi in incubo, ora microromanzi di formazione, fra deliri di carne e ossa e fantasie magnificamente splatter.

La base di partenza è sempre la stessa, il corpo: a cambiare è la deformazione prescelta dagli autori, la malattia, la perversione fatta di plastica o di petrolio, di onde invisibili o di gas inquinanti.

Tamara Kostianovsky, Seeded Belly (2021)

Come nelle opere di Tamara Kostianovsky, i materiali di scarto della nostra società si riassemblano così in nuove corporeità, trovando compimento e nuova vita nell’imitazione della carne e addirittura nel suo superamento.

Nei lavori dell’artista argentino-americana vediamo infatti assemblarsi carcasse appese a ganci da macellaio, viticci e selvaggina: sono tutti oggetti ibridi, fatti di rifiuti tessili, vestiti smessi, perduti, elementi digeriti dal sistema perverso che crea incessantemente cose nuove nonostante l’ammassarsi di riufiuti.

Questi cadaveri sintetici sono il nostro destino? Consumare e consumarci è veramente il nostro unico scopo?

Kostianovsky confonde la carne con il materiale inerte e riesce a costruire corpi che sono allo stesso tempo un monito cruento e una speranza: fra i costati spaccati e i quarti di bue si annidano infatti strane infiorescenze, sprazzi di colore tropicale che rimandano a una forma di vita aliena, incomprensibile, pronta a soppiantarci.

Tamara Kostianovsky, Withered (2022)

In Teratocene gli autori si affannano allo stesso modo sui medesimi scarti, con acume e spietatezza provano a scavarsi una strada dentro un incubo ecologico che è anche esistenziale: l’orrore come sempre si rivela una leva per costringere il lettore ad aprire gli occhi, a riflettere criticamente sul nostro presente, a prendere coscienza della realtà.

La deformazione – declinata con l’energia scanzonata dei B-movie o con l’elegante malinconia di una distopia iperrealistica – trova sempre una via d’uscita che sorprende o sconvolge, disgustando e illuminando allo stesso tempo il lettore: al centro della riflessione comune a questi diversi artisti e ai diversi mezzi che impiegano per scandagliare la contemporaneità stanno sempre la violenza, la sopraffazione nei confronti dell’ambiente, la religione del consumo che si fa anestetico e profanazione.

Ogni opera è una nuova carcassa, una nuova mutazione, come nella galleria in cui sono appese le installazioni di Kostianovsky: basta aprire il costato per scoprire un giardino fiorito o per lasciare entrare l’inferno.


Bonus

Per chi volesse recuperare altre storie degli autori che hanno contribuito a questa antologia, suggeriamo di partire dal bellissimo racconto che Linda De Santi ha pubblicato con noi.



Teratocene

A cura di Lucio Besana, Andrea Gibertoni e Luigi Musolino– Zona 42, 2025


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