“La fiera dei serpenti” di Harry Crews

Harry Crews è il tipo di scrittore che ti seduce con le chiacchiere, le solite buone vecchie storie, magari ti offre da bere attraverso la pagina, un sorriso ruvido, un occhiolino, e poi all’improvviso ti inchioda contro il muro e ti squarcia la gola, senza motivo.

Nelle fotografie ha un ghigno indecifrabile, a volte porta i baffi e un bizzarro taglio alla mohicana, sul bicipite sembra pulsare un tatuaggio con un teschio e una scritta in corsivo: How do you like your blue-eyed boy, Mister Death?

È un verso di [Buffalo Bill’s] di E.E. Cummings e incarna alla perfezione lo spirito di un autore selvaggio, esplosivo ed esagerato come Crews: i versi sono spezzati e ambigui, ci lasciano intendere che Buffalo Bill è morto, eppure era una figura mastodontica, un vero istrione, ha vissuto ogni cosa sino in fondo, è l’incarnazione di tutto ciò che l’America rappresenta, orrori compresi. Era una leggenda. Come Harry Crews, del resto.

Nato nel 1935 in Georgia, è stato insegnante di inglese e Marine durante la guerra in Corea e ha vissuto sempre in un ambiente in cui chiunque aveva “qualcosa che mancava, un dito tagliato, un dito del piede spaccato, un orecchio morsicato via per metà”.

La sua scrittura – divenuta per lui un obiettivo disperato e un’ossessione a tal punto da far naufragare il suo matrimonio – lo porterà a definire i confini di un genere, la cosiddetta Grit Lit, capace di cucire insieme e farcire di grottesco l’immaginario multiforme e asfissiante della provincia americana.

Ed è proprio nel profondo sud che ambienta il suo romanzo La fiera dei serpenti, un vero capolavoro perduto, almeno in Italia, dove l’unica edizione targata Meridiano Zero è da tempo di difficile reperibilità.

Bo Bartlett, Homecoming (1995)

Eppure questo romanzo ha tutto ciò che serve per diventare un libro di culto: ci sono personaggi sgangherati e indimenticabili, scazzottate, poliziotti corrotti, alcol a fiumi, serpenti. Soprattutto serpenti.

Crews ci porta dentro la vita bizzarra e intossicata di una comunità rurale, Mystic, che una volta all’anno si scrolla di dosso la sonnolenza e il silenzio della provincia per attirare orde di curiosi e di cacciatori pronti a stanare, uccidere e mangiare i famosi crotali della cittadina.

La festa è americanissima, trash e volgare, ci sono opere d’arte fatte con le code tagliate dei serpenti a sonagli e strane sette pseudocristiane che provano a fare proseliti, masnade di ubriachi pronti a menare le mani, armi da fuoco.

In mezzo al caos di questo strano rituale catartico e kitsch riusciamo però a individuare alcune figure chiave che si stagliano nitide contro uno sfondo contorto di machismo e perversione: sono una stella ormai spenta del football scolastico, Joe Lon Mackey, la sua vecchia fiamma Berenice con sua sorella Hard Candy, lo sceriffo Buddy Matlow sempre più propenso a molestare le ragazze della tanto vituperata comunità afroamericana locale piuttosto che a far rispettare la legge.

Bo Bartlett, Young Life (1994)

Attorno a loro gli eventi cominciano presto a deragliare fra esplosioni di violenza immotivata e titaniche bevute, mentre il padre di Joe Lon addestra cani da combattimento e sua sorella vive da reclusa in mezzo ai suoi stessi escrementi.

Il serpente, al contempo simbolo diabolico e fallico, trova nella prosa infiammata di Crews lo strumento perfetto per avvelenare il lettore e gettarlo in un universo brutale che lo farà ridere e sanguinare allo stesso tempo: Mystic è piena di stereotipi e di macchiette, dall’avvocato culturista alla studentessa sexy, dal vecchio sfigato e incontinente alla donna trascurata che si occupa dei figli confinata in una roulotte, eppure non smette mai di assediare il lettore con i suoi miasmi perversi, con la sua violenza sempre sul punto di divampare, con le ingiustizie e l’arretratezza e la mancanza di prospettive.


Accoppiamenti giudiziosi

La teatralità, il calore, la saturazione delle storie di Harry Crews si ritrovano anche nei dipinti di Bo Bartlett.

Il pittore americano, proveniente anch’egli dalla Georgia narrata da Crews, ci porta dentro narrazioni grandiose e sospese grazie a un sapiente bilanciamento di sogno e realismo, assurdità e tradizione.

I suoi lavori si compongo infatti di figure ordinarie, ragazzi in sfilata a carnevale, lavoratori marittimi, uomini e donne che nessuno si stupirebbe di incontrare per strada, in un giorno di vita qualunque.

I suoi personaggi sono tutti colti però nell’esatto momento in cui si elevano a protagonisti – momentanei, casuali – di un meccanismo narrativo complesso e ambizioso: vi sono nelle sue tele elementi inquietanti che stridono con le luci romantiche da tramonto cinematografico, fucili e macchie di fango che sporcano la perfezione formale del grande dipinto realista americano con il sospetto che sia tutta una messinscena, che ci sia qualcosa in agguato.

Bo Bartlett, The American (2016)

Come in un romanzo di Crews, l’America immortalata dai dipinti di Bo Bartlett si sottrae alle definizioni comode di chi non vive immerso nella luce glassata degli Stati del Sud: le immagini di pacata bellezza si disfano in scenari di minacce sottaciute, mentre una violenza statica e inespressa sembra innervare i corpi ritratti nelle pose plastiche della tradizione con una strana, pulsante linfa vitale.

In questo modo gli uomini e le donne ritratti da Bartlett trovano nelle parole di Harry Crews una conferma e una singolare corrispondenza e si rivelano presto esseri pericolosi ed enigmatici, chiassosi e kitsch che si sono ambientati perfettamente nell’assurdità di situazioni che sono improbabili eppure restano ancora tenacemente possibili.

Siamo in un’America che non conosce i grattacieli e il traffico delle metropoli, un angolo negletto di un Paese enorme che trabocca di umanità e che trova proprio nella staticità e nella stasi la forza necessaria per sovvertire le regole, evadere, distruggere ogni cosa.


Bonus

La festa dei serpenti di Mystic, Georgia forse agli appassionati di animazione ricorderà la Festa delle Mazzate di Springfield, al centro di un indimenticabile episodio de I Simpson che vide recitare accanto a Homer e Bart anche il cantante Barry White.

A quanto pare entrambe le vicende sono ispirate a festival realmente esistenti nel Midwest e negli Stati del Sud, come ad esempio il Claxton Rattlesnake Roundup.

Originariamente pensato come rimedio alla sovrappopolazione di crotali nella Evans County, in Georgia, l’evento è poi evoluto in una grande fiera con tanto di proclamazione di una Reginetta.

Oggi ha cambiato pelle, come un serpente, e non prevede più il massacro dei poveri serpenti a sonagli, trovando di gran lunga più conveniente concentrarsi sulla divulgazione e sulla conservazione della fauna selvatica.

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