Melissa è la Regina della Notte.
Sarà finzione, un’illusione di qualche ora, ma lei lo è.
Lo è già, da quando comincia le prove ogni giorno, in abiti chiari e semplici, per prepararsi alla prima rappresentazione, quello spettacolo tanto atteso. Lo sarà quando calcherà la scena per la prima volta, il 21 dicembre, in quella stanza di tre muri affacciata sul pubblico, nello spazio e nel tempo dettato dall’incanto, ammantata di nero e di stelle.
Melissa è la Regina della Notte.
Lo è quando le assi di legno chiaro del palcoscenico scricchiolano sotto i suoi piedi durante le prove, lo è quando ha appena un momento per guardare l’ottomana drappeggiata di raso nero e la volta stellata della scenografia, talmente realistica da sembrare vera. Da essere vera. Verrebbe voglia di contare le stelle, di tracciare le costellazioni.
La mamma è una stella, nonna?
No, non mostrare mai le stelle con il dito. Non farlo mai, nemmeno nei sogni. Hai capito?
L’aveva sognato, Melissa, un cielo stellato così come non ne aveva mai visti, quando aveva dodici anni e sette mesi, la notte tra il 20 e il 21 luglio: una volta nera, infinita, e infinitamente profonda, dove c’erano stelle remote e stelle vicinissime. Quante saranno, aveva pensato Melissa, e aveva teso la mano nel sogno per contarle, forse per afferrarne una. Al risveglio, aveva avvertito il fastidio di una puntura, ma non sulla mano, come aveva immaginato. Alla nonna non lo aveva detto; le aveva augurato buon compleanno con un sorriso.
Melissa è la Regina della Notte.
Ecco che aspetto ha un palcoscenico, e che odore polveroso ha un sipario, aveva pensato, quando vi era salita per le prove per la prima volta. Alle audizioni, l’anno precedente, non si era nemmeno accorta di dove si trovasse, sospesa, concentrata soltanto sulla musica e sulle due arie previste dalla sua parte.
Poverina, così magrolina, biondina e anche orfana.
Le era sembrato di avvertire per un attimo, prima di cominciare a cantare, i brusii e gli sguardi compassionevoli che troppe volte si erano diretti lei, prima del sogno delle stelle.
E anche stonata, povera figlia.
Perché si ostina a cantare?
Melissa è la Regina della Notte.
Nessuno aveva avuto dubbi dopo quell’audizione; quel ruolo, uno dei massimi ruoli da soprano di coloratura, sarebbe stato suo. Non poteva che essere lei, la Regina della Notte.
Dopo aver ottenuto la parte, si era seduta davanti allo specchio del camerino provvisorio che le avevano assegnato e aveva premuto leggermente un dito, tremando, sul labbro superiore, a sinistra. Faceva ancora male, la puntura, come al primo risveglio. Il rossetto aveva coperto quella piccola cicatrice, ma il pungiglione era ancora là. Il pungiglione, sì come no. Melissa aveva aggrottato la fronte e storto la bocca; aveva scacciato con la mano ricordi e credenze, scuotendo la testa – ho altro a cui pensare, adesso. Poi aveva incontrato il proprio sguardo color miele nello specchio e aveva riso di gioia. Era stato un magnifico regalo di compleanno.
Melissa è la Regina della notte.
Ma non è sempre facile esserlo.
Prima dell’audizione per Il Flauto MagicoMelissa non aveva mai cantato in un’opera in teatro, ma si era esibita in altri luoghi, più adatti all’atmosfera raccolta della musica da camera. Un teatro, per quanto di esigue dimensioni, non era certo paragonabile alla pedana di marmo bianco dell’Educatorio della Provvidenza, e nemmeno alla sala concerti del Conservatorio “Giuseppe Verdi”, dove era solita cantare prima che la sua voce venisse notata. In quegli spazi esigui, quando cantava un Lied di Schubert o la Barcarolle tratta da Les Contes d’Hoffmann di Offenbach, si sentiva al sicuro, in un ambiente conosciuto, dove regnava soltanto la sua voce, e dove bastavano dettagli di poco conto per decorare l’incanto: una spilla d’oro a forma di calla, un trucco un po’ più marcato, uno scialle intrecciato con fili di lurex argentato, un ventaglio veneziano di pizzo nero. Melissa poteva restare ferma, e non appena cominciava a cantare il pubblico dimenticava la sua bassa statura, la sua magrezza. E poi c’era Elina, che da mezzosoprano si esibiva con lei. Avevano una sintonia molto forte, e se fossero nate entrambe il giorno 21 – Elina era nata il 23 giugno – sarebbe stato un sodalizio perfetto, deciso dalle stelle. Melissa spera sempre di trovare altre persone nate di 21, anche se chiede soltanto alle persone con cui si sente a proprio agio quando siano nate. Con Elina era andata così, peccato che poi fosse stata scritturata dal Teatro dell’Opera di Amburgo per il ruolo di Rosina ne Il Barbiere di Siviglia: una grande occasione, certo, ma non era stato un distacco facile.
Continua a costruire, gioia mia. Guarda come fanno loro. Non si stancano mai.
Melissa è la Regina della Notte.
Ha lavorato tanto per ottenere questo ruolo, continua a lavorare tanto per dare il meglio, ma non si è mai sentita tanto sola.
Collaborare con gli altri sul palco, condividere l’esperienza con loro è difficile, così com’è difficile muoversi nello spazio, sentirsi padrona di quello spazio, diventare quello che è: la Regina della Notte.
Da quando poi il 21 settembre è arrivata Debora, una sua coetanea che farà la parte di Pamina, le cose si sono ancora più complicate. Debora è il suo opposto: è alta, mora, riccia, si muove sul palco riuscendo a occuparne lo spazio, cammina sempre ben dritta con la schiena, cosa che Melissa non è mai stata in grado di fare. Alle prove Melissa canta alla perfezione quando è da sola, ma quando è con Debora, sua figlia sulla scena, ha difficoltà. Dovrebbe sovrastarla, opprimerla, come prevede la sua parte di madre dispotica, ma non ci riesce.
Melissa, la Regina sei tu, non Debora!
I suoi colleghi e il regista non dicono nulla, ma Melissa sa che la pensano così. E poi, Debora non è come lei: non va a mangiare un tramezzino coi carciofini in un angolino dietro le quinte, non scappa la sera alla fine delle prove; al contrario, è sempre sorridente, sempre disponibile a dare consigli. Non è così infrequente che si metta a riparare il proprio costume di scena, o quello degli altri, destando lo stupore della sarta. C’è qualcosa che Debora non sa fare?
Melissa è la Regina della Notte.
È sola. E invidiosa.
Guarda come fanno loro. Non si stancano mai.
Melissa sente ancora il ronzio, vede il modo di affaccendarsi nei favi, avverte in viso il calore della canicola, la stanchezza meridiana di quel 21 luglio così lontano.
Sei pensierosa, oggi. Non devi dirmi niente?
Si era toccata il labbro superiore, a sinistra, e aveva scosso la testa, facendo bene attenzione a tenerla bassa mentre aiutava la nonna a raccogliere il miele.
Nel sogno, sotto il cielo stellato, non era successo niente. E tutte quelle credenze si erano dissolte insieme alla nonna, che se n’era andata, con la sua cascata di ricci argentati, il 21 luglio di quindici anni prima, come le api che smarriscono la via dell’alveare e si tramutano in stelle.
Qualcosa luccica al collo di Debora. Forse sono le luci, forse è il sorriso della ragazza che si è appena alzata in piedi dopo essersi sistemata l’orlo della gonna.
Melissa distoglie lo sguardo da quel brillio.
È il 21 novembre. Mancano trenta giorni alla prima rappresentazione, e lei, durante una pausa, inizia a passeggiare sul posto, fa due passi, torna indietro, fa due passi, torna indietro, ripetendo a testa bassa l’aria che dovrà cantare durante la scena con Debora. Lo fa per rassicurarsi, ma ottiene l’effetto contrario; se non la smette finirà con qualcuno dei capogiri che la accompagnano dall’infanzia quando è troppo tesa.
Basta. Sei brava. Devi tirarla fuori, questa voce.
Ma tutti dicono che sono stonata, nonna.
Melissa si ferma.
Alza lo sguardo: Debora è davanti a lei.
Il suo sorriso sotto le luci illumina il ciondolo che porta al collo: una minuscola bocca d’oro pende da una catenina appena visibile; un rubino è incastonato sul labbro superiore, a sinistra.
La mano destra di Melissa ha uno scatto leggero. Vorrebbe toccarsi il labbro superiore e sentire con una leggera pressione se fa ancora male. È ancora là, il pungiglione?
«Sei brava», le dice Debora, «Non ti agitare».
Melissa respira a fondo e abbassa lo sguardo; le braccia le cadono rilassate lungo i fianchi.
«So anche che è normale sentirsi così», continua Debora; la sua voce è calda, è la coperta a quadri rossi in cui la nonna la avvolgeva quando era bambina, quella che le servirebbe adesso per nascondersi dal mondo. Il profumo del miele nel latte caldo, quanto le manca.
Melissa incontra lo sguardo di Debora, i suoi occhi scuri come due onici, e accenna un sorriso.
«Che dici, hai tempo dopo le prove?»
Melissa annuisce, in silenzio. Debora è bravissima nella parte di Pamina, sia dal punto di vista del canto sia dell’interpretazione scenica; non avrebbe bisogno di prove aggiuntive, ma preferisce rimanere per aiutare lei, che l’ha soltanto invidiata fin dal suo arrivo.
La pausa finisce; Melissa si affretta a tornare dietro le quinte per ricominciare proprio dalla scena in cui Pamina e la Regina della Notte sono in scena insieme. Sono cinque minuti e venti secondi, tra recitativo e aria. Melissa trae un respiro profondo ed entra in scena con passo deciso, ben dritta sulla schiena, alle spalle di Debora, che riposa sull’ottomana drappeggiata di raso nero. È una prova di regia, accompagnata al pianoforte, nessuno è in abito di scena; ci sono Melissa, con il suo abitino di lana beige a trecce, un po’ infeltrito, e Debora, con il suo elegante e austero abito di jersey blu. In scena avverrà il contrario, perché la Regina della Notte comparirà con uno sfarzoso costume nero e blu ammantato di stelle e Pamina con una semplice tunica bianca, ma non è ancora tempo di pensare ai costumi. Dietro la maschera disperata di Pamina, Melissa intravede la scintilla di incoraggiamento che Debora ha mantenuto per lei, per sostenerla, che fa il paio con la luce riflessa dal suo ciondolo a forma di bocca. La voce di Melissa si espande, rispetto alle prove precedenti: la sequenza dei Fa sovracuti riempie tutto il teatro, brilla, punge le orecchie, affilata, una collana di stelle, di pungiglioni, e lei si sente più alta, levita, o almeno così le sembra, perché non sente più le assi del palcoscenico sotto i piedi.
La musica di accompagnamento dell’aria termina; un silenzio particolare cala in teatro.
Melissa riprende fiato, sente nuovamente la consistenza del palcoscenico sotto i piedi; Debora annuisce, soddisfatta.
«Alleluia» sussurra il regista al suo aiuto.
Melissa è la Regina della Notte.
Per la prima volta ha cantato senza angoscia, con gioia.
Si tocca il labbro superiore, a sinistra: sì, fa ancora male.
Debora invece è stata la Regina della Notte, qualche anno prima, al teatro dell’opera di Salisburgo – ma cosa ci fa ora in un teatro di provincia, per di più così determinata ad aiutare un soprano al suo debutto?
Le prove aggiuntive che Melissa e Debora svolgono la sera sono concentrate solo sulla recitazione e l’interpretazione scenica, l’aspetto su cui Melissa deve migliorare; sull’aspetto vocale non c’è più nulla da perfezionare, a parte qualche sfumatura interpretativa che Debora le fa ascoltare accompagnandosi al pianoforte.
Le prove ufficiali, a cui si sono aggiunti costumi e orchestra, ormai terminano tra gli applausi dei musicisti, del direttore, della compagnia, del regista; Melissa è davvero sulla buona strada per essere una grande Regina della Notte. Per diventarlo pienamente.
Debora è precisa, attenta a ogni dettaglio, e instancabile – ma chi è veramente? Potrebbe farle ripetere mille volte ogni singolo gesto, ogni singolo accento, per dare credibilità alla maschera di una regina furiosa e sanguinaria. Insieme sviscerano il testo, parola per parola, non è solo un’aria di bravura, un numero da virtuosi, devi entrarci, nel testo, senti: Der Hölle Rachekocht in meinem Herzen, Tod und Verzweiflung flammet um mich her; hai un inferno di vendetta che ti ribolle dentro, fiamme di morte e disperazione che ti avviluppano; non così, così, le dice brandendo il coltello che usano in scena, devi immaginare il tuo avversario Sarastro davanti a te, e tu vuoi ucciderlo, il tuo unico problema è che non puoi raggiungerlo, e non stare così indietro con le spalle, protenditi in avanti, più avanti, così; e Pamina, ricordati che stai minacciando di rinnegare e abbandonare tua figlia per sempre, di far saltare tutti i legami di natura, se lei non compirà il tuo volere uccidendo Sarastro, Verstoßen sei auf ewig, Verlassensei auf ewig, Zertrümmert sei’n auf ewig, Alle Bande der Natur, prendila alle spalle con il coltello in mano, hai talmente tanta rabbia in corpo che sgozzeresti anche tua figlia, se lei non fosse uno strumento per vendicarti; e alla fine, quando invochi gli dèi della vendetta, devi chiamarli non solo con la voce, ma anche con le braccia, allargale bene, guarda verso l’alto, come se dovessi richiamare l’attenzione di qualcuno che è del tutto indifferente alla tua collera, Hört, Rachegötter, hört der Mutter Schwur!
Melissa, con l’obbedienza di un’ape operaia, prova e riprova fino a quando le espressioni del viso, i gesti, il modo di occupare lo spazio non coincidono con le indicazioni di Debora.
Un ronzio le risuona nelle orecchie; davanti agli occhi, le api compiono il proprio lavoro, in un turbinio incessante; il suo viso è in fiamme, forse per il ritmo delle prove, forse perché la canicola brucia come allora.
Guarda come fanno loro, gioia mia. Non si stancano mai.
«Ti ho già chiesto quando compi gli anni?».
«Il 21 luglio, e tu?»
Melissa sorride un po’ incerta, come se ci fosse qualcosa che non riesce a mettere a fuoco.
«Il 21 dicembre».
Il volto di Debora si illumina; il suo ciondolo a forma di bocca brilla più che mai.
«Il giorno della prima? Sarà un bellissimo compleanno».
Rimangono qualche istante come sospese, a guardarsi negli occhi.
«Su su, ora riprendiamo» la incoraggia Debora, battendo le mani «Dài, che ci siamo quasi!».
È ormai la sera della vigilia della prima, il 20 dicembre: le prove generali sono state perfette, tutti hanno lavorato in maniera molto intensa e affiatata.
L’atmosfera della scena tra la Regina della Notte e Pamina è stata pura magia: la volta nera piena di stelle della scenografia, il costume nero e blu tempestato di gemme di Melissa, l’ottomana coperta di raso nero al centro della scena. L’intesa tra Debora e Melissa, perfettamente in armonia, accordata da una mano celeste attenta ed esperta.
Il cielo fuori dal teatro è come quello della scenografia: nero, stracolmo di stelle. La notte è gelida, Melissa ha un lieve mal di testa che preannuncia la neve. Melissa alza lo sguardo, vaga tra le stelle. Non ne ha mai viste così tante. Verrebbe da contarle, a una a una, da tracciare le costellazioni.
No, non mostrare mai le stelle con il dito. Non farlo mai, nemmeno nei sogni. Hai capito?
Chi ha parlato? Non era la voce della nonna.
Melissa sente il tocco lieve di una mano sulla spalla. È Debora, che la saluta con un sorriso.
Hai detto qualcosa? vorrebbe chiedere Melissa, ma Debora ha già sceso le scale in pietra e attraversato la piazza.
Melissa torna a casa, più leggera che mai; la stessa sensazione di non riuscire a mettere a fuoco qualcosa continua ad accompagnarla, ma questo non le mette alcuna inquietudine. È solo stanca. E, una volta nel suo letto, sprofonda quasi subito in un sonno nero come la notte.
La chiesa è piccola, disadorna, scavata nel tufo, buia.
La impreziosiscono soltanto lo sfondo d’oro dell’icona bizantina di San Giovanni Crisostomo e il pannello di broccato bordeaux degli ex-voto, dietro all’altare, illuminati dalla luce di due ceri.
C’è una donna vestita di nero, inginocchiata davanti all’altare; è voltata di spalle, una cascata di ricci cangianti – ora neri ora argentati – le ricadono sulla schiena.
La donna si segna, estrae qualcosa dalla borsa, lo appunta sul broccato del pannello davanti a sé: è un ex-voto d’oro a forma di bocca, con un rubino incastonato sul labbro superiore, a sinistra.
Al risveglio, Melissa si tocca d’istinto il labbro.
Non fa più male, ma c’è qualcosa di rigido sottopelle.
Melissa sorride. Il pungiglione è sempre là.
Non c’è più alcun dubbio.
Melissa è la Regina della Notte.
È la sera della prima: il costume e la lunga seduta di trucco la stanno trasformando nel personaggio che vivrà.
Qualcuno bussa alla porta.
Debora, già nei panni di Pamina, si affaccia sulla soglia del camerino e saluta Melissa riflessa nello specchio, con un cenno del capo e un sorriso.
Buon compleanno e fatti valere, gioia mia.
Melissa ricambia il sorriso, le lacrime le sfocano già lo sguardo. Sulla soglia, la nonna fa di no con il dito; poi le fa cenno di tacere.
Melissa è la Regina della Notte.
È ora di andare in scena.
L’autrice
Sara Spanò, calabrese nata al solstizio d’inverno a Torino, dove ha conseguito un dottorato in filologia classica. Dopo aver vissuto in tre Paesi, si è fermata a Brema, dove attende che i musicanti smettano di gozzovigliare e varchino le porte della città. Da pochissimo ha deciso di farsi leggere: a partire dal 2023 i suoi racconti sono stati pubblicati su “inutile”, “Racconticon”, “Malgrado le mosche”, “Enne2”. Il suo racconto “Agnus Dei” si è classificato nella cinquina finalista del premio Zeno 2023.
