Lo scrittore affermato e l’ambizioso emergente. O forse: il mediocre di successo e il talentuoso fallito. Sono Gwyn Barry e Richard Tull. Sono Martin Amis, entrambi.
Stiamo parlando di uno dei migliori lavori di Amis, L’informazione, un’opera folgorante e rumorosa come il suo incipit perfetto:
Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente. Solo un sogno triste.
L’informazione è un romanzo epocale anche per la leggenda che lo circonda: pare infatti che, in occasione della sua pubblicazione, Amis abbia rotto con la sua storica agente Pat Kavanagh, moglie dell’amico Julian Barnes, per rivolgersi all’americano Andrew Wylie detto Lo Sciacallo.
Pare anche che per questo romanzo abbia ricevuto da HarperCollins un anticipo di mezzo milione di sterline, che avesse bisogno di soldi per sistemarsi i denti, che Julian Barnes l’abbia mandato affanculo per iscritto, come si confà agli scrittori inglesi di un certo livello.
Ma questi sono pettegolezzi e noi siamo qui per parlare di letteratura.
La letteratura è tutto. Per Martin Amis, certo, ma anche per i suoi personaggi. È innanzi tutto un lavoro, un obiettivo, una maledizione. È anche lo sfondo perfetto di questa vicenda caustica e crudele, che adesca il lettore con quadri da commedia per pugnalarlo con staffilate di dark humor e di pura tragedia.
Il protagonista, lo scrittore spiantato Richard Tull, vive nell’eterna rivalità con l’amico di sempre, Gwyn Barry, divenuto un caso editoriale con il romanzo melenso e politically correct Amelior. La sua invidia diventa ora schafenfreude ora confabulazione di vendetta, perché richiede vendetta, tremenda vendetta, questo successo immeritato, il furto di un sogno.
Tull ha scritto un solo romanzo decente, in gioventù, ora fa il revisore di bozze per un editore a pagamento, scrive recensioni per una rivista piccola di nome e di fatto, vivacchia sognando una rivalsa e un grande ritorno, mentre Barry, il mediocre Gwyn Barry che perde sempre a tennis e a scacchi, che scrive cose dozzinali e guadagna un sacco di soldi, è sposato con una fascinosa parente della Regina ed è in lizza per ricevere il famigerato “Premio per la Profondità”, una specie di Nobel con vitalizio annesso.
Se la letteratura è tutto, lo sono anche i soldi, come ricorda il titolo di un altro grande successo di Amis, Money: i soldi che Tull fatica a racimolare, i soldi che piovono addosso all’amico e possono garantire fascino e posizionamento sociale, autorevolezza e persino bellezza.
Amis con questo romanzo mette in scena una rivalità tanto realistica quanto crudele, sezionando il rapporto complesso fra due amici che si odiano cordialmente eppure non riescono a staccarsi l’uno dall’altro. Ognuno di loro è sfruttato dall’altro eppure stranamente dipendente da questo rapporto malato: non potrebbero vivere senza la costante frustrazione di questa vicinanza, la promiscuità fra successo e talento, fra presunzione e gelosia.
L’informazione è un capolavoro. Non è agevole, non è una lettura di pura evasione: è una riflessione spietata su tutto ciò che circonda il mondo dei libri e la loro creazione, è un gioco di ripicche e di violenza silente che in un crescendo furioso e isterico mette a nudo le fragilità di chi prova a fare dell’arte un lavoro: insicurezza, invidia, fallimento sono il concime perfetto per le parole che faticano ad attecchire sulla pagina, fra riscatto e presunzione, bassifondi e salotti bene.
Accoppiamenti giudiziosi
L’arte, si sa, è sempre questione d’ispirazione. E ispirarsi vuol dire sottrarre qualcosa al mondo che ci circonda: una sensazione, un’altra opera.
Il lavoro nell’arte per Richard Tull è produzione di materiale illeggibile che finisce per causare singolari malanni nei pochi lettori che per caso o per necessità s’imbattono nel suo ultimo romanzo.
Per Gwyn Barry è imitazione di sé stesso, è la prosaica banalità del bene, è la celebrazione della mediocrità.

Tull e Barry si corteggiano e si detestano in una danza di trecento pagine, involontariamente danno vita essi stessi all’opera d’arte di un narratore frenetico, lo stesso Amis, che li osserva dall’alto con un ghigno di feroce autoironia.
Qual è allora la base dell’industria editoriale?
Amis non ha dubbi: l’invidia.
È un sentimento strisciante con capelli di serpente e seni vizzi, come quello scolpito da Giusto Le Court nel XVII Secolo.
Barry X Ball studia, copia e rielabora questa scultura usando scansioni 3D e lavoro manuale. La reinventa? La depreda? La rende universale?
L’arte, l’abbiamo già detto, è sempre un movimento di interiorizzazione e produzione, ha sempre ispirazioni più o meno evidenti. È quasi sempre un furto.
L’artista americano approfondisce in questo modo l’analisi dell’invidia cominciata nel Seicento da qualcun altro e ancora attualissima: la porta avanti impiegando materiali inusuali e singolari combinazioni di colori, la rende un sentimento di massa e di lusso, allo stesso tempo, la rende esclusiva e banale, iconica.
Richard Tull, Gwyn Barry e Martin Amis saprebbero forse riconoscersi come copie dello stesso modello: lo scrittore contemporaneo, il grande artista dilaniato da dubbio di essere solo un bluff, la scultura reiterata sino a perdere di significato, la rielaborazione di una vergogna che non si riesce a digerire. L’invidia, l’invidia.
