“Warlock” di Oakley Hall

Il West non esiste. Non nella forma idealizzata in cui lo hanno costretto ballate e romanzetti, almeno.

Esiste un West parallelo, fatto di uomini e donne sbagliati, di storie mai chiarite, di furti e abusi e atteggiamenti ambigui. Esiste, insomma, un West di carne e sangue impegnato a squarciare, giorno per giorno, la patina eroica e fasulla del West immaginato, bianco e nero, fatto di celluloide e carta scadente.

Oakley Hall ci parla proprio di questo conflitto irrisolto e lo fa con un’opera corale ed enorme, “Warlock”, che demolisce e riedifica con la sola forza delle parole un’ideale cittadina situata nel cuore selvaggio dell’America: un pugno di case e anime gettate in un limbo in cui libertà e sopraffazione si sovrappongo a tal punto da confondersi.

A Warlock fiaba e cronaca nera si amalgamano, si compenetrano e si dissolvono l’una nell’altra, sino a rendere inconoscibile la verità opaca che avvolge tutto ciò che nella storia ha sempre riguardato il grande Ovest americano e la sua controversa conquista.

Quello di Hall è un western maturo, che ha capito da tempo di essere solo un mito. È per questo che si ritrova ogni giorno in mezzo alla sparatoria fra leggenda e verità: dilaniato, trapassato, il West mitologico dei cowboy e degli eroi si decompone in figure miserabili e umane, nello sporco sotto le unghie, nelle ferite suppuranti di un’America marginale, a un passo dalla fine.

Eppure il West è stato per molti un sogno: il trionfo della libertà, di un certo modo di intendere la libertà, l’unico modo per levarsi di dosso le briglie della civiltà e forgiare davvero il proprio destino con le proprie mani.

Ubriaconi, pionieri, rinnegati, ex prostitute. Confluiscono verso il Far West ideale come pellegrini a un santuario fatiscente, nell’assenza di legge e ordine che lascia spazio a banditi e ladri di bestiame, mentre Warlock – un agglomerato urbano a un passo dalla rovina – vede con l’esaurirsi delle miniere a cui deve il proprio nome anche l’avvicinarsi della propria fine.

Renato Casaro, artwork per la locandina di “Per un pugno di dollari”

Su questo terreno incerto camminano gli stivali impolverati di Clay Blaisedell e Tom Morgan. L’eroe e il rinnegato, il marshall chiamato dal comitato cittadino a riportare ordine e pace e l’enigmatico tenutario del saloon, giocatore d’azzardo, pistolero dalla fama sinistra.

Fra di loro un rapporto complesso di amicizia, attrazione e repulsione, che coinvolge tutti gli abitanti di Warlock in un susseguirsi di eventi esiziali e tremendi, che lasciano spazio a una sola domanda: cos’è giusto fare?

Gli abitanti del piccolo insediamento si rivolgono a Blaisedell, mano più veloce del West nonché possessore di una famigerata coppia di pistole dal calcio dorato, per risolvere il problema di una banda di fuorilegge che, in sprezzo del vice-sceriffo locale, uccidono e derubano scorrazzando fra l’abitato e le colline circostanti.

Niente è semplice, a Warlock, niente è pacifico. Non è chiaro il sentimento della popolazione verso i banditi, ora odiati ora riletti come bravi ragazzi un po’ turbolenti, e non è chiaro nemmeno il rapporto fra il marshall, convocato da un consesso di privati cittadini più interessati alla prosperità del commercio che alla giustizia, e i vice-sceriffi legittimi, nominati da un’autorità distante ma formalmente competente per il territorio in cui sorge la cittadina.

È proprio un vicesceriffo, il tormentato Bud Gannon, a incarnare meglio di chiunque altro l’ambiguità e la polivalenza di un luogo talmente distorto dal calore del sud-ovest americano da diventare incerto e tremolante come un miraggio: fratello di uno dei banditi ed ex-fuorilegge, è dilaniato fra il codice d’onore con cui è cresciuto, la voce impastata degli amici di un tempo, la voglia di cambiare le sorti di una città sull’orlo dell’abisso, il bisogno di redenzione, l’ammirazione per la figura leggendaria di Blaisedell con cui si trova, inaspettatamente, a collaborare.


Accoppiamenti giudiziosi

Ricco di figure disegnate con enorme maestria e umanità, Warlock diventa dalla prima pagina un ambiente vivente preda di un conflitto latente che permea ogni vicenda e riesce a creare tensione anche dove non c’è altro che polvere.

Quella di Warlock è la storia di tutto il West, con le sue vicende sublimate in mito e le sue versioni inattendibili. Tutto è giusto, tutto è sbagliato, tutto è legittimo e illegale e atroce è meraviglioso nel suo vorticoso divenire, nel suo confabulare che fatica a coniugare modernità e tradizione, libertà assoluta e legge: sullo sfondo di questa vicenda umanissima leggiamo anche la tragedia delle istituzioni traballanti di questa parentesi d’America, la fragilità della società portata al limite estremo del mondo civilizzato, l’impalpabilità delle regole scritte e della moralità quando si trovano di fronte a un vuoto enorme e sconosciuto.

Dettaglio della locandina de “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone

Oltre i cowboy e le loro sparatorie ci sono donne innamorate o disilluse, economie allo sfacelo, sfruttamento, c’è la sindacalizzazione dei minatori, la fine delle guerre indiane, il tramonto di una classe dirigente incapace di vedere il futuro oltre i massacri dei nativi americani e la guerra di secessione.

La prosa di Oakley Hall in questo senso si collega idealmente al lavoro di un altro grande innovatore del genere western: Sergio Leone.

Nella sua celebre “Trilogia del dollaro”, il regista italiano ha infatti operato una netta revisione dell’immaginario western, in precedenza imperniato principalmente su una netta contrapposizione fra i buoni e i cattivi, i cowboy e gli indiani, lo sceriffo e i banditi.

Sergio Leone, come già Oakley Hall, contamina il West ideale con lo sporco autentico del West storico, dando vita a personaggi ambivalenti, mai completamente decifrati dallo scorrere della pellicola.

Questo approccio non convenzionale ha dato origine a un intero genere cinematografico, il famigerato “spaghetti-western”, che ha contribuito a dare nuova linfa vitale a dinamiche e conflitti ormai relegati a un passato glorioso e idealizzato, incapace di dialogare con un presente sempre più tumultuoso e complesso.

Eroi avidi, banditi dal cuore d’oro, donne pericolose che non aspettano di essere salvate guadagnano il primo piano dentro nuovi panorami che ricreano il Far West americano in ambienti geograficamente lontanissimi.

Il West è morto, lunga vita al West.


Warlock

Oakley Hall – SUR, 2016


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